USA on the road – 10mila km vintage

USA da Salt Lake City a New Orleans: 1 mese, 6,000 miglia, 10 stati, 5 neo laureati, 1 pulmino targato – a caso – Ohio. Questi i numeri che hanno creato la combinazione magica di un viaggio on the road sulle strade a stelle e strisce, un viaggio desiderato per quattro anni, risparmiando e sognando un’avventura che si è rivelata indimenticabile. Ancora oggi, a distanza di quasi 12 anni, mi ricordo a memoria tutti i nomi delle città dove abbiamo dormito, le bellezze dei parchi naturali che abbiamo visitato e sicuramente le disavventure tragicomiche che abbiamo vissuto. 

Canyonlands, NP, Utah
 

Ecco a voi i miei Stati Uniti d’America on the road, scritti come se fosse ieri e visti attraverso foto che non si materializzavano da Iphone, smartphone, reflex digitali e men che meno GoPro, ma da Kodak usa e getta (anche in versione waterproof!), una telecamera ultima generazione che faceva anche foto così sgranate da sembrare mosse e vecchie macchine fotografiche a cavallo tra l’analogico e il digitale. 

Salt Lake City – Monument Valley

Il punto di partenza doveva essere Seattle, città a me cara e da me amata, ma poi un paio di settimane prima, in preda all’ansia da “Forse sono troppi kilometri” cambiamo volo e ci ritroviamo quasi per sbaglio nella mormona Salt Lake City. A parte il suo puzzolente lago salato e un downtown più finto di Disneyland, questa città ci permette di riprenderci dal fuso e di criticarla per la sua assenza di vita umana e sociale, un luogo dove anche Mc Donald’s chiude alle 9 di sera. 

Dopo un paio di giorni di riposo, pimpanti ed eccitati lasciamo questo deserto per addentrarci in un altro, roccioso e affascinante. Il cartello sulla highway 191 ci informa che la prossima stazione di servizio sarà tra 110 miglia, più di 175km senza niente e nessuno e questo basta per farci sentire dei piccoli e motorizzati Indiana Jones.

Lo Utah è disabitato, rosso e lunare e a me queste rocce multiformi e polverose tagliate da una striscia di asfalto che si perde all’orizzonte mi fanno impazzire, veramente un panorama mozzafiato.

Arriviamo a Moab, micro paese di strategica importanza geografica a metà strada tra due dei parchi naturali più suggestivi degli Stati Uniti Occidentali. La prima mattina la dedichiamo ad Arches National Park che, come suggerisce il nome poco creativo, è una distesa scoscesa e brulla dove il vento e altri agenti esogeni hanno plasmato il panorama roccioso creando forme assurde, divertenti e, molto spesso, a forma di archi giganteschi.

Arches NP, Utah

 

E’ settembre, ci sono pochissimi turisti e noi ci godiamo appieno questo luogo magico, senza sapere che, di lì a poche ore, entreremo in un altro ancora più spettacolare, Canyonlands National Park.

Diviso in tre parti, di cui una veramente difficile da raggiungere, questo è uno dei parchi americani con la più bassa densità di visitatori rispetto alla sua grandezza e, aggiungo io, la sua bellezza. Per me è stato il più bello e uso un aggettivo banale perché altrimenti mi perderei in lodi infinite. Il fiume Colorado ha scavato questa terra riempiendola di canyon, burroni, picchi, gole dove il rosso delle rocce e il marrone della terra si accendono man mano che il sole tramonta. Noi ci godiamo questo spettacolo da uno spuntone a strapiombo sulla vastità infinita e silenziosa di questo paradiso. 

Canyonlands, Utah, USA

 

Il giorno dopo è quello che aspettavo da mesi, il giorno del rafting sul fiume Colorado. In questo angolo di Utah ogni anno cadono solo 9 millimetri di pioggia, oggi piove. Non importa, il nostro livello di adrenalina è tale che potrebbe anche nevicare. Il rafting è fantastico. Due ore di divertimento puro tra correnti impetuose, rapide che ci sbalzano fuori dal gommone e muri d’acqua che si abbattono sulle nostre facce come enormi schiaffoni di una madre infuriata. L’ultima rapida la facciamo a nuoto, quando il fiume si calma ritrovo Federico, lo abbraccio euforico tra i flutti spumosi e poi gli dico, “Fede, scusa, sto pisciando”.

Mi ricordo il picnic buonissimo e scenografico in una spiaggetta lungo il fiume. Dopo aver divorato un freschissimo sandwich, mentre mi sto preparando un caffè con zucchero vedo la nostra guida che piscia a un metro da noi, nel fiume (questo Colorado sarà diuretico?). Ingenuo, gli chiedo se sa dove sono gli spoons e lui gentilissimo, con la sua mano con cui si è appena sgrollato il real augello mi prende un cucchiaio – non dalla parte del manico – e mi dice come se niente fosse “Here it is”. Grazie Jhonny, lo bevo amaro.

Canyon, Utah

 

Dopo un sonno totale e felice e una lunga tappa immersi in scenari di rara bellezza, nel tardo pomeriggio raggiungiamo il minuscolo villaggio di Mexican Hat dove  regna un’atmosfera di frontiera in stile vecchio west, manca solo lo sceriffo a cavallo. Qui mangerò il double-bacon-cheese-burger più buono della mia vita e mi emozionerò ammirando nell’oscurità del deserto un cielo nero come il petrolio illuminato da milioni di stelle. 

Prossima tappa la leggendaria Monument Valley. Domani attraverseremo la prima di nove frontiere dove, immancabilmente come un rito benaugurante, faremo tutti a turno una foto con i cartelli stradali, il primo sarà Arizona – The Grand Canyon state welcomes you



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