Siamo in Zambia, ancora all’inizio della nostra avventura. E’ l’alba e dopo una fredda notte di sonno un piccolo pullmino ci sta conducendo verso il South Luangwa National Park, gemma indiscussa di questa povera nazione e, a detta di tanti, il parco naturale più bello di tutta l’Africa meridionale.
Erba bruciata dal sole, strade in terra battuta rossa che tagliano il nulla e alberi maestosi che proiettano ombre dentro le quali cercano sollievo pazienti viandanti in attesa di un trasporto tra un villaggio e l’altro. Il pullmino si ferma in mezzo alla savana, la batteria non funziona più. Qualche vano gracchiante tentativo e poi la resa, anzi l’attesa. Come si fa da queste parti, si aspetta senza aspettative, senza ansie, senza sguardi all’orologio che tanto le ore non hanno fisicità. E’ un’occasione per guardarsi intorno, farsi circondare da curiosi bambini con cui provare a scambiare qualche parola.
Il paesaggio non è particolarmente affascinante, non succede granché, ma ho già vissuto situazioni come queste e mi godo il momento, perché anche essere sperduti e un po’ persi è una sensazione eccitante, soprattutto quando intorno a te senti una forte energia, forse una suggestione personale, forse la potenza di questa terra.
Si ferma una jeep con una coppia americana. 2 cavi, 4 sgasate e le urla festose di tutti noi! Ripartiamo.
Ci addentriamo sempre più in un paesaggio dove gli sparuti insediamenti umani cedono totalmente il posto alla natura. Abbandoniamo l’ultima cittadina e dopo pochi minuti vediamo le insegne dei vari lodge appena fuori dall’entrata del parco.
Noi abbiamo prenotato un piccolo, spartano e sconosciuto campo tendato. Dubbiosi e curiosi arriviamo finalmente in un enorme spiazzo pieno di sterpaglie, zolle di terra ed enormi alberi che ci avvolgono con la loro ombra infinita. Gruppi di babbuini rumoreggiano tra i cespugli e in lontananza sentiamo versi sconosciuti che ci strappano un sorriso di curiosità.
Immediatamente un senso di serenità, benessere e felicità ci assale. Questo posto è meraviglioso.
Le tende sono sparpagliate lungo un’ansa del fiume Luangwa e la nostra guida ci suggerisce di andare a vedere il panorama. Pochi passi e sbuchiamo fuori dalla fitta boscaglia. Davanti a noi uno dei paesaggi più spettacolari che io abbia mai visto. Un fiume limaccioso, che tra qualche settimana diventerà completamente secco, taglia come un piccolo canyon la sterminata savana che svanisce all’orizzonte. Nelle sue acque placide, centinaia di chiassosi e rissosi ippopotami che sembrano tossire come vecchi fumatori, mentre a riva piccoli erbivori brucano con circospezione.
Inebriati da cotanta bellezza torniamo alle nostre tende e sorridiamo spaventati di fronte alle raccomandazioni dei ranger che ci suggeriscono cosa fare se di notte dovessimo andare in bagno e per caso – ma neanche troppo fortuito – incontrassimo un ippopotamo o un elefante davanti alla nostra tenda…si perché qui non ci sono recinzioni!
Nel pomeriggio, finalmente il nostro primo safari. A bordo di una jeep completamente aperta, vento nei capelli e profumi d’Africa nelle narici, le nostre teste ruotano in ogni direzione bramose di scovare qualsiasi cosa che sappia di esotico.
Superiamo i cancelli d’ingresso al parco e cominciamo un viaggio di quattro ore che ci porta alla scoperta di un ecosistema semplicemente straordinario. Branchi di antilopi, zebre, bufali, un leopardo, elefanti e coccodrilli, un paio di leoni, aironi e marabù, ippopotami e facoceri. Ma soprattutto una natura incontrastata, magnetica, spettacolare. La savana arida, le pozze d’acqua multicolore gremite di animali, le sponde del fiume da cui ammirare l’infinito e perdersi dentro un cielo intenso e disegnato da nubi tumultuose.
Calano le tenebre su di noi, inseguiamo pacificamente le creature della notte ancora un po’ e poi ci ritiriamo nelle nostre tende. Il tempo di chiudere la zip e di stenderci felici e stanchi sui nostri letti ed ecco il rumore frusciante di qualcosa di molto grande che fa strisciare un ramo sulla nostra tenda.
Palpitazioni a mille, fiato corto e una paura che fa 90. Qualche minuto interminabile e tutto tace. Dormiamo con un po’ di tensione e la mattina dopo il ranger ridendo ci dice che Si certo era un elefante e che poi stanotte anche le iene sono passate davanti alla nostra tenda!
Oggi ci aspetta un safari a piedi, un modo ancora più silenzioso e discreto di entrare in questo mondo sorprendente. Gli animali fiutano il nostro odore, sono più timidi e si tengono a maggior distanza, ma camminare lungo il fiume e in mezzo ai baobab e alle acacie, strisciando i piedi tra mille cespugli è una sensazione incredibile. Una iena impaurita sbuca fuori da un cespuglio e scappa via lontano. Noi arriviamo al nostro accampamento quando il sole sta tramontando e dipinge colori surreali tra le anse del Luangwa.
Stanotte si dorme in un piccolissima tenda isolati da tutto e da tutti. A cena assaggiamo semplice cibo zambiano e scherziamo con le simpatiche guide. Sarà una notte piena di rumori, di emozioni e di fredda rugiada.
Per andare in bagno bisogna chiamare la guida armata, penso che mi tratterrò.
Il mattino ci accoglie freddo e saturo di umida foschia. Il sole si sveglia e di nuovo dipinge per noi un panorama mozzafiato. Ci laviamo le facce assonnate con l’acqua bollente di un vecchio catino che richiama immagini antiche. Immersi e avvolti in questo scenario favoloso, godiamo di questi piccoli piaceri e poi con calma ritorniamo.
A distanza di tempo, ricordo con emozione gli avvistamenti degli animali, soprattutto di un branco di dieci leoni in assetto da caccia che, senza degnarci di uno sguardo, ci sono sfilati a pochi centimetri bloccandoci il cuore e mozzandoci il respiro. Ma se devo scegliere un ricordo, un’istantanea che mi è rimasta davanti agli occhi, si tratta sicuramente del magnetismo della savana. Una natura poderosa, sconfinata e affascinante che ha una forza, quasi fisica, incontenibile.
Questa energia, invisibile, ma materica è per me l'essenza dell'Africa.