Soffici fiocchi di neve che si sciolgono avvolti dal vapore di piccole piscine fumanti, un silenzio irreale interrotto solo dallo scorrere dell’acqua, una sensazione di caldo, rilassante benessere.
Benvenuti alle terme giapponesi, benvenuti in un onsen.
Letteralmente Stazione Termale, l’onsen è un pilastro della tradizione, della cultura e della geografia giapponese. Infatti, grazie alla sua collocazione nella zona vulcanica detta cintura di fuoco del Pacifico, il Giappone è ricchissimo di acque termali che sgorgano in superficie.
Sin dall’antichità i giapponesi si bagnavano in queste pozze calde per piacere, ma anche perché si riteneva avessero proprietà curative. La tradizione dell’onsen è fortunatamente rimasta intatta fino ai giorni nostri e oggi, tra strutture private, pubbliche e naturali in Giappone si contano oltre dieci mila onsen.
Durante il nostro viaggio in Sol Levante, non potevamo esimerci dal provare questa magica esperienza, resa ancor più incantata dalla abbondante neve che ovattava il paesaggio e creava un meraviglioso contrasto con le acque bollenti.
Nei dintorni di Takayama sulle Alpi Giapponesi, c’è una cittadina dal nome esplicativo Hirayu Onsen che nello spazio di qualche strada ospita svariati centri termali. Noi siamo andati all’Hirayunomori una ryokan con un centro termale immerso nella natura.
Entrare in un onsen è un’esperienza da vivere con la mente aperta, poco pudore e molto rispetto.
Ma partiamo dall’inizio.
Fuori c’è mezzo metro di neve, nevica, entriamo infreddoliti e curiosi. Alla reception paghiamo e ci viene consegnato un asciugamano piccolo come un foglio di quaderno.
Dentro agli onsen si sta nudi, completamente. Si ritiene infatti che qualsiasi cosa non sia il corpo umano sia sporco.
Io e la Dani entriamo nella struttura e da questo momento ci separiamo. Infatti, diversamente dal passato quando gli onsen erano misti, oggi, salvo rari casi, vige una rigida separazione tra uomini e donne. Lo spogliatoio si presenta come una normale anticamera con armadietti e panche dove cambiarsi. Mi spoglio e inizialmente mi tengo il pezzettino di stoffa bianca lì davanti. E’ un imbarazzo non tanto fisico, ma comportamentale. Che devo fare con sto fazzoletto??
Un altro rituale che bisogna compiere prima di entrare nelle vasche dell’onsen è quello di lavarsi accuratamente. I giapponesi, giustamente, ci tengono alla pulizia e quando dico accuratamente dovete prendermi alla lettera.
Poco prima delle vasche al coperto, c’è una grandissima stanza dove sono posizionati decine di postazioni composte da: uno sgabellino con davanti uno specchio, un lavandino, due bottiglie di sapone e shampoo e una doccia. Imitando i locali, anch’io mi siedo sullo sgabello – non prima di averlo coperto con il mio asciugamano che così comincio ad usarlo – e mi faccio una gran bella doccia, da seduto.
Pulito, profumato ed emozionato comincio la mia esperienza tra le bollenti acque giapponesi. Nudo, con il mio asciugamanino.
La struttura è composta da alcune vasche al coperto e da altre piscine all’aperto (rotenburo) mentre un grande muro di legno separa gli uomini dalle donne.
Mi dirigo all’esterno dove mi faccio cogliere piacevolmente dallo shock termico e avvolgere dai copiosi fiocchi di neve. Mi infilo subito in una caldissima piscina fumante e mi lascio travolgere dal senso di relax.
Il luogo è avvolto nel silenzio, altra caratteristica tipica di un onsen. Qui infatti, la gente viene per sfuggire il caos cittadino e per rilassarsi: il rispetto e la quiete sono quindi essenziali.
I pochi giapponesi nelle vasche sono immobili e silenziosi, solo i loro occhi lanciano sguardi incuriositi verso l’unico straniero. Ci sono uomini solitari, ci sono famiglie che riuniscono nonno, padre e figlio, ci sono coppie di amici.
I più anziani tengono l’asciugamano sulla testa, quasi volessero evitare la fredda neve. Superato l’imbarazzo iniziale, non so che farmene del mio drappo bianco e quindi imito i costumi locali.
Provo le varie vasche che hanno temperature diverse e panorami differenti. Studio i buffi giapponesi e, senza saperlo, commetto l’errore di immergere l’asciugamano dentro le piscine. Non si fa, per lo stesso motivo per cui siamo tutti nudi: come i vestiti, potrebbe sporcare l’acqua.
Faccio un giretto nell’onsen interno molto bello ed accogliente e, tra le altre cose, mi immergo in una vasca d’acqua gelata per poi tuffarmi in una piscina da 40° gradi. Che sensazione meravigliosa sentire mille spilli che pungono i miei arti!
Dopo un’oretta passata per lo più all’esterno a godermi il contrasto tra la neve e il vapore, comincio ad annoiarmi un po’ visto che non posso scambiare due parole con nessuno.
Decido quindi che per oggi può bastare e ritorno nel locale docce. Come, anzi più di prima, i giapponesi qui si lavano in maniera maniacale. Vedo ragazzi che quasi si staccano il cuoio capelluto da quanto strofinano e grattano e signori che si danno due, tre, quattro passate di sapone fin quando la loro pelle non protesta.
Visto che non ho fretta, decido ancora una volta di seguire le abitudini locali, mi metto seduto sullo sgabellino e comincio a farmi la doccia più lunga e minuziosa della mia vita. Capelli, corpo, sciacqua, insapona, risciacqua, massaggia, strofina, pulisci, risciacqua.
Non so quanto sono stato seduto, ma sicuramente non mi sono mai sentito più pulito.
Mi asciugo, mi vesto ed esco. Rilassato e rincoglionito mi stendo sul tatami di una grande stanza comune e aspetto la Dani.
Fuori nevica forte, usciamo e ci facciamo qualche foto prima di risalire sull’autobus che ci porterà a Takayama. Oggi è il primo giorno dell’anno, un giorno veramente speciale.
Nota pratica
Negli onsen sono vietati i tatuaggi che in Giappone tipicamente sono prerogativa dei membri della yakuza, la mafia giapponese. Se ne avete di piccoli potete coprirli con dei cerotti appositi (che dovete portarvi) oppure con un bel po’ di fondotinta.
In alternativa, potete andare negli onsen naturali ovvero delle pozze che non sono proprietà di nessuno, ma sono appunto delle piscine in mezzo alla natura.
*Foto dell'onsen prese dal sito della struttura*