E’ ancora buio quando usciamo dalla guesthouse e ci infiliamo tra i vicoli stretti e tortuosi nel cuore di una città dove perdersi è più facile che trovarsi, dove basta girare un angolo e succedono cose incredibili, impreviste ed imprevedibili. Basta girare un angolo e arriva un raggio di luce fioca e debole che ci indica la via per raggiungere la riva del sacro fiume. Il sole non è ancora sbucato all’orizzonte e Varanasi è avvolta nel magnetico respiro del Gange, una mistica foschia che ovatta i suoni, allontana i rumori e crea un’atmosfera di una bellezza struggente.
I remi scivolano lentamente, la nostra barca costeggia i ghat, i grandi gradoni che rappresentano l’unione tra città e fiume, un abbraccio tra due entità che esistono solo una in funzione dell’altro e creano un mondo unico, dove altri mille mondi si intrecciano, si calpestano, si incastrano e si uniscono.
Da un lato la città comincia a destarsi dal suo torpore notturno, dall’altro la campagna sconfinata dove un timido sole si accende sempre di più e illumina la via a centinaia di contadini che, anche oggi, si spaccheranno la schiena per portare le loro merci in paese.
Noi navighiamo a pochi metri dai ghat e contempliamo, in emozionato silenzio, la disarmante bellezza di Varanasi.
I gradoni color sabbia cominciano a prendere vita. Un vecchio con la barba folta e bianca esce da una nicchia e con le mani unite si rivolge al Gange per la preghiera. A pochi metri, accovacciati tra il fiume e i ghat tre uomini scalzi e ancora intorpiditi dal sonno, iniziano le loro abluzioni mattutine, un rituale di purificazione tipico degli indu reso ancora più importante dalla sacralità di questo corso d’acqua.
Il silenzio viene rotto da una musica arrugginita, scomposta, ma magnetica. Ai piedi di un piccolo altare, uno sparuto gruppo di uomini intona canti religiosi accompagnandosi con strumenti musicali tradizionali, ma anche con semplici pentole che scandiscono il ritmo della litania.
Il sole si accende di un rosso fuoco e comincia ad illuminare Varanasi e lei, come una donna consapevole del proprio fascino, si mostra in tutto il suo splendore e rivela a noi fortunati la magia dei suoi colori. I sari sgargianti punteggiano i gradoni dorati, le donne e gli uomini cominciano a lavare i propri indumenti con l’acqua sacra del Gange. Macchie di rosa, verde e azzurro si innalzano nell’aria e scendono velocemente andandosi a schiantare sui ghat. In India, il bucato si fa prendendo i panni, insaponandoli e poi sbattendoli ripetutamente con forza per terra – in questo caso lungo i gradini a bordo fiume – e poi sciacquandoli fino a che non sono puliti.
Poco più avanti, qualcuno ha cominciato presto a lavorare questa mattina e file interminabili di vestiti multicolore sono già stesi per terra, creando immensi puzzle colorati.
Continuiamo la scoperta di questo mondo incredibile a piedi, salendo e scendendo i pulsanti ghat e immergendoci totalmente nelle mille vite e forme che questa città accoglie e raccoglie in questo magico angolo lungo il fiume.
Il sole è ormai alto e Varanasi completamente presa e affaccendata nella sua routine mattutina. Le botteghe degli artigiani e dei commercianti che tra i vicoli della città sono nascoste dietro a porte minuscole, qui si susseguono sparpagliate e disordinate. Ecco allora che seduto su una coperta, un barbiere sta facendo la barba ad un cliente, mentre poco più in là un suo collega più organizzato ha addirittura una sedia, una mensola e uno specchio per attirare clienti più esigenti.
Davanti a noi, un monaco celebra un semplice rituale circondato da cestini votivi pieni di frutta e fiori che le persone compreranno e affideranno al Gange assieme alle loro preghiere. Mentre alle nostre spalle, in piedi su una sola gamba e con il corpo imbiancato dalla cenere, un sadhu contempla l’infinito con uno sguardo che non tradisce emozioni e racconta di una vita fatta di rinunce e distacco dalla vita materiale.
Al molo sono arrivati i commercianti dalla campagna e allora il vociare si alza, cominciano le contrattazioni di frutta, verdura, pesce, uova e chissà cos’altro. Gli indiani ridono, urlano, scherzano, litigano, ma sempre con uno sguardo buono e un sorriso sornione sulle labbra. Ogni tanto per concedersi una pausa, qualcuno si prende un chai, un gustoso tè con latte e spezie che un signore con due piccoli bambini vende in una specie di sottoscala con la scritta Tea Shop.
Noi continuiamo a camminare, evitando le mucche che girano libere e annoiate, e desiderosi di scoprire ogni centimetro di questa città che ti rapisce nel momento in cui posi il tuo sguardo su di lei e ti conquista sempre di più ad ogni passo, ad ogni scorcio.
Varanasi vive in simbiosi con il Gange e i suoi ghat sono teatro di splendide storie. Ma questa città nasconde molti altri segreti altrettanto affascinanti, segreti che si celano nel suo cuore caldo, caotico e stordente che batte all’impazzata tra i vicoli sgangherati, le viuzze buie e affollate e nel suo spirito che si incontra nei tetti delle case, dei ristoranti e dei palazzi dove un’altra città vive e contagia il viaggiatore con il suo fascino mozzafiato.
Per oggi basta così, la magia di Varanasi va assaporata piano piano, permettendole di impadronirsi del nostro cuore un pezzettino alla volta.
Rimango sempre incerta alla fine della lettura dei post su Varanasi. E' un posto che mi spaventa e non so come potrei reagire. Dal tuo racconto rimango affascinata ma anche scettica.. è sicuramente un posto da assaporare e da metabolizzare piano piano.
Varanasi è un posto unico, molto forte e potente, ma la sua magia fa superare qualsiasi dubbio o scetticismo..Purtroppo non si può metabolizzare piano piano perchè è come un cazzotto in faccia, ti devi rialzare e poi lasciarti trasportare (non dal Gange però ;-P)