Finalmente.
Dopo mesi di strepiti, paroloni, consigli, pareri degli esperti, critiche dei critici, apprezzamenti degli apprezzatori e boutade degli early birds siamo stati a Expo2015, Milano.
In verità, io c’ero già stato o quasi.
Già sapevo che il padiglione Giappone (non so perché ma la preposizione articolata “DEL” non piace quando si parla di padiglioni) è il più figo, quello degli Emirati è da paura e quello dell’Italia, con facile autocommiserazione, è orribile. Sapevo delle lunghe file, dei prezzi esorbitanti per un panino e del caldo, beh di quello mi ero accorto anche stando a casa.
Il mio sentimento verso l’Expò – come mi piace chiamarlo – sin da subito è stato contrastante. Prima rigetto, poi fastidio, successivamente vago interesse e infine voglia di togliersi la curiosità. Ma alla fine, se vivete a Milano, siete praticamente obbligati ad andare, anche solo per farvi un’idea e criticarlo fino al prossimo di Dubai 2020. O magari vi piace.
L’Expo è stato come me lo immaginavo. Un grande carrozzone commerciale, con scarsi contenuti, idee banali e poco originali, a cui aggiungere un sacco di gente stupida che mangia da McDonald’s e compra magliette della Coca-Cola. Non sono assolutamente un NoGlobal vecchio stile, un NoTav, un Boicottatore di Multinazionali, né un NoExpo, però certa gente mi fa proprio incazzare!
Ma andiamo nel dettaglio di quello che mi ha lasciato, nella migliore delle ipotesi, perplesso.
I contenuti
Tralasciando la presenza fuori luogo, ma economicamente necessaria a far girare la macchina, dei padiglioni degli sponsor, a Expo ci sono veramente un sacco di nazioni che sono venute a mostrare il loro lato migliore. E qui casca il primo asino. Ma non si parlava di cibo, alimentazione, sostenere il pianeta? Al di là di qualche brillante caso come quello della Germania – i tedeschi sono sempre dei secchioni – che ha veramente sviscerato il tema, facendolo concreto, interattivo e coinvolgendo persone reali, il resto è marketing, pubblicità, marchette. (e io faccio marketing nella vita!)
La maggior parte degli stati più piccoli o meno ricchi – per banalizzare un po’ – hanno casette piene di souvenir su scaffali tristi come un qualsiasi bazar dell’aeroporto di Dakar. Molti altri padiglioni ti fanno camminare lungo corridoi infiniti e ti sparano qualche video – molto spesso di qualità infima – per dirti che loro hanno inventato il pomodorino ciliegino o che hanno città bellissime, natura incontaminata e una rete di trasporti adatta al commercio.
E quindi? Non siamo mica alla fiera del turismo o sbaglio?
La qualità
Più che alla Esposizione Universale sembra di essere alla fiera di paese. Video imbarazzanti a livello di girato, montaggio, narrazione, attori, cose che farebbero impallidire anche gli autori di Vacanze di Natale. Non tutto è da buttare, per esempio il video 4D del Kazakistan è divertente e coinvolgente e altri sono ok. Anche sull’architettura dei padiglioni, dove ammetto la mia ignoranza tecnica, mi permetto di criticarne l’originalità e di condannare alcune brutture da censura. Kuwait, Germania (di nuovo), mettiamoci anche l’Azerbaijan le eccezioni virtuose.
L’interattività
Su questo non so se avevo aspettative fuori contesto o se invece una fiera del genere dovrebbe avere padiglioni che, oltre al contenuto, offrono esperienze coinvolgenti e interattive a metà tra Mirabilandia e una performance di teatro sperimentale. Forse sono ancora un bambino immaturo e mi sono divertito a saltellare sulle corde del Brasile, a ordinare la cena al ristorante del futuro del Giappone e a vedere un’artista kazaka creare illustrazioni con la sabbia. Forse mi annoiano i muri pieni di cartelloni esplicativi e installazioni statiche.
Dopo tutte queste critiche che avevo una gran voglia di fare, posso dirvi che in fondo sono contento di esserci stato, di aver visto e provato. La curiosità va alimentata, poi non sempre ti capita una bella piadina rucola, crudo e squacquerone.
Si dai, sono contento. Nonostante gli oltre 310 mila gradi Kelvin, i piedi che esplodevano nelle scarpe, le file alle fontanelle di acqua ghiacciata gratis – ottima pensata – e l’impossibilità di provare specialità locali che costavano come un foulard di Gucci.
Concludo con un consiglio salva vita per chi vuole visitare l’Expo.
Se non avete una pancia in gravidanza o un bambino piccolo…noleggiateli! Salterete tutte le file, che in alcuni casi sfiorano l’ora. Noi lo sapevamo e ci siamo attrezzati e questo ci ha permesso, insieme alla nostra follia, di visitare 24 padiglioni.